Raid nell’isola della bellezza
E’ ancora buio quando in compagnia di sei coraggiosi amici lasciamo l’hotel e raggiungiamo la marina di San Vincenzo. Viste le non buone condizioni del mare, impacchettiamo tutti i nostri borsoni con del cellofan. Tira un discreto vento che forma le caratteristiche ochette sulle onde: ci sarà da saltellare e bagnarsi con le inevitabili secchiate di acqua fresca. Stipiamo nei covoni del gommone tutto il nostro bagaglio, compreso l’attrezzatura di pesca .
Il nostro sogno sta diventando realtà: intraprendere un raid di pesca con attraversata dalla Toscana alla
Corsica. Il gommone varato nel pomeriggio precedente è un twentythree da 7,40 mt della Mar-Co, spinto da un motore da 225 cv., più un ausiliario da 9 cv, il nostro compagno per la traina. Staccati gli ormeggi si parte: rotta per la Corsica regione di Capo Corso, porto di Centuri nostra meta finale , direzione Macinaggio . Faremo una sosta all’isola di Capraia che dista 31 miglia marine da S. Vincenzo.Come previsto, guadagnato il mare aperto, le onde, complice il vento ,ci regalano secchiate d’acqua ad ogni sobbalzo della chiglia. La navigazione procede bene nonostante il maestrale, siamo tutti bagnati sebbene indossiamo le tute. Finalmente arriviamo a ridosso della scogliera di Capraia ; protetti dall’isola realizziamo una piccola sosta: un bel tè caldo, rincuorati dai timidi caldi raggi di sole. Il mare comincia a calmarsi, riprendiamo la rotta verso” l’isola verde”: la Corsica,la cui ricchezza si fonda incontestabilmente sul suo patrimonio naturale. Infatti, nessun'altra isola è così rigogliosa come la Corsica : foreste di pini Laricio con laghi di montagna color verde smeraldo, passando per i boschi profumati, i freschi alpeggi e i vigneti presenti sui pendii. Se la Corsica è un' « isola verde », deve ringraziare la sua topografia unica nel Mediterraneo : infatti, questa « montagna nel mare » merita senza dubbio il suo soprannome, con 120 vette che superano i 2000 m di altitudine, innevati fino a primavera. I 25 corsi d'acqua che la attraversano la rendono l'isola più irrigata del bacino mediterraneo. Inoltre, la Corsica si concede il lusso di un litorale vario e ricco, distribuito su una lunghezza totale di oltre 1 000 km. Con un Parco Naturale Regionale che copre i due terzi della sua superficie, la Corsica è un'isola largamente tutelata, in cui si alternano riserve naturali e siti protetti . L'isola offre tutto il meglio della natura : un'abbondante fauna, i profumi inebrianti della sua ricca flora, che conta numerose specie endemiche, e ancora i colori accattivanti dei suoi siti.
Qui comincia il regno del vento e
quello dei marinai, il tempo non conta più, si vive di sole, di mare e del piacere
dato dalla compagnia di persone ormai già fuori dagli schemi e dalla routine.
Già nitida ed invitante ad ovest, la regione di Capo Corso si allunga per
terminare con l’Isola della Giraglia, ultimo baluardo
a nord e meta di una delle regate veliche più famose del Mediterraneo. Entriamo
a fare rifornimento nel porto di Macinaggio, riprendiamo
la navigazione verso nord e qui vediamo la torre genovese di Santa Maria con
la sua spiaggia, piccolo inserto quasi
caraibico,con un mare dalla trasparenza incredibile, poi navighiamo verso Barcaggio.
È questo il tratto di mare dove l’incontro con i delfini è più probabile se si
ha un pizzico di fortuna. E fortuna l’abbiamo due volte: due delfini
affiorano a pochi metri,
paralleli al gommone. Rallentiamo la nostra andatura e altri sette
delfini ci raggiungono. Uno spettacolare
scenario si presenta proprio a poppa quando tutti i delfini si esibiscono nell’evoluzione
della mitica fontana: sembra che ci
diano il benvenuto; passano sotto la
chiglia del gommone per darci il tempo di immortalarli con la macchina
fotografica poi, così come sono apparsi, si dileguano nel profondo mare aperto.
Sorpassiamo le isole di Finocchiarola e, nel
doppiare il capo, si scorge in lontananza l’isola della Giraglia.
Abbiamo ancora 5 miglia prima di raggiungere il mitico porto di Centuri,
affascinante piccolo porto di pescatori caratterizzato da un turismo essenziale,
che si apre verso il largo infinito dove tutto è sole e mare. Da qui alla
Spagna, l’ovest è l’orizzonte in gloria. Qui i tramonti hanno momenti magici.
In questo piccolo porto-scrigno, ricco di piccoli caratteristici ristoranti, si
possono gustare le migliori aragoste del mondo. Finalmente entriamo nella
piccola rada. Dopo aver sistemato i
nostri bagagli in albergo, facciamo subito un briefing per coordinare al meglio
il pomeriggio. Decidiamo di provare subito dopo il pranzo, un sano e rilassante
bolentino; è troppa la voglia di mettere le lenze in mare che all’unanimità in
coro diciamo:” Prima facciamo un bolentino, poi verso il tramonto passiamo alla
traina “.
Ci dirigiamo a ridosso dell’isolotto di Capense
: i primi Sugarelli
non tardano a pizzicare le nostre esche, ogni tanto una bella Orata fa
capolino nel nostro cestino. Il pomeriggio scorre veloce, lasciato sfogare i
patiti del bolentino, prepariamo il
gommone con i relativi porta canne per la traina, prepariamo le lenze, inneschiamo dei piccoli Sugarelli
presi in precedenza e tenuti rigorosamente vivi nel cestone, proviamo a pescare
con solo due canne ad una profondità di circa 30 mt ad una velocità circa 1,5 nodi . Filiamo le nostre lenze nella scia del
motorino ausiliario; non riusciamo a fare
trecento metri in pesca che una delle due canne si piega. “ Caspita! Non siamo
ancora pronti!” Eccitati ci guardiamo tutti in faccia ed esclamiamo: “Potevamo
iniziare prima la traina!” Dario si butta sulla canna, la estrae dal porta
canne, comincia a recuperare il filo ferrando a dovere lo sfortunato predatore. Rallentiamo la nostra
andatura per facilitare il recupero di Dario, la canna si piega bene all’azione
del pesce nel tentativo di liberarsi dalla presa dell’amo. Non scorgiamo ancora
la sagoma dell’incauto predatore ma dopo qualche istante eccolo apparire ad una
decina di metri dal nostro gommone a circa 2 metri sotto il pelo dell’ acqua.
La riconosciamo
subito: è una stupenda Palamita. Alla vista della chiglia del gommone, riparte
riprendendosi una quindicina di metri di
filo. Alla sfuriata successiva è esausta , Maurizio prepara il raffio con una
freddezza da chirurgo . E’ nel pozzetto, Il suo corpo è robusto e affusolato, da grande
nuotatore, con la coda assottigliata, le pinne dorsali sono quasi contigue, la
prima è più alta della seconda; questa caratteristica permette di distinguerlo
dal Tombarello, nel quale le pinne dorsali sono separate e distanti. La pelle è
liscia, il dorso azzurro scuro, presenta strisce nere irregolari ed alcune
macchie brune tondeggianti al di sopra delle pinne pettorali, la base dei
fianchi ed il ventre sono di color argenteo. Siamo tutti contenti della nostra preda: un bel esemplare di pesce pelagico 4,2 kg,
non male come prima cattura .
Galvanizzati dalla fortunosa rapida cattura, prepariamo subito le canne con delle nuove esche rigorosamente vive , ripetiamo il percorso all’inverso . Niente fino alla punta estrema dell’isolotto di Capense ; il mitico effetto acustico della frizione con la conseguenza piegatura del cimino verso il basso ci fa capire che un altro bramoso predatore ha afferrato la nostra esca. Dario ferra energicamente , lascia che sia il pesce con le sue sfuriate ad esaurire le sue energie recuperato il filo fino alla girella del piombo guardiano con cura Dario lo sgancia , ora può iniziare l’ultima fase del recupero. Si vede: è una argentea Ricciola , è esausta, sfinita; si pone per traverso lasciandosi cullare dalle onde a pochi metri da noi . Maurizio, a prua del gommone, osserva in assoluto silenzio, poi rompe gli indugi ed esclama: “ Quando vuoi !”. Risponde imperativo Dario: “ Ora”. Maurizio apre il covone ed estrae il raffio dalla sua custodia, deposto dopo l’utilizzo per la palamita, è sempre meglio non lasciare in giro un attrezzo di quel genere quando si è in tanti sul gommone. Avvita quindi il raffio al manico della prolunga. Passano interminabili secondi, tipico del Tattico prima di assestare un preciso colpo. Maurizio arpiona la Ricciola da 3 kili e la issa a bordo: andrà a far compagnia nel cestone alla precedente Palamita. Scatta così l’immancabile applauso generale. Rientriamo nel porticciolo di Centuri che il sole si è già tuffato all’orizzonte, regalandoci uno spettacolo quasi dantesco, per il suo colore rosso fuoco che si stampa contro le nuvole alte nel cielo . La serata si conclude con una cena tipica della zona, degustando la cucina con prodotti locali. Il cuoco a sorpresa ci ha preparato un carpaccio con la nostra Ricciola, il tutto servito su una bandita tavolata in veranda, in una posizione strategica: contempliamo la marina di Centuri da un lato e il mare aperto dall’atro.
La mattina successiva, ancora mare calmo e assenza di corrente, un breve briefing per valutare l’itinerario della giornata, consultiamo le carte nautiche spiegate sulla tavola, optiamo di fare rotta sul lato occidentale, verso la punta di Capo Corso; proveremo le nostre lenze precisamente nella zona dell’isola della Giraglia. Fatta cambusa per la giornata, fiduciosi stacchiamo gli ormeggi. Usciti dal porto, viriamo a destra, direzione l’ estremità del “dito”. Il paesaggio è, a dir poco, incantevole: si possono ammirare i vigneti sulla costa , dove si producono i bianchi secchi e fruttati ( da provare un dolce liquoroso, il raro Muscat, con un’etichetta Aoc Cap Corse). L’aria è calda e radiosa e profuma di selvaggio come la costa che sa offrire profusione : natura , solitudine, silenzio e semplicità . Siamo ormai nella parte più a nord della Corsica, nella zona di Barcaggio. Iniziamo a pescare con una traina leggera a galla; lungo la costa l’acqua è di una trasparenza da esclamazione , il suo colore un verde smeraldo. Abbiamo un fondale di 8 metri ma si stenta a credere; guardiamo più volte l’eco scandaglio, sembra che il fondo si possa toccare immergendo la mano ma non è così: lui si trova esattamente a 8 metri sotto di noi .Le abboccate tardano a farsi vedere: le occhiate o le aguglie non hanno nessuna intenzione di incappare nelle nostre esche . Ci fermiamo, proviamo a bolentino per la gioia dei patiti di tale pesca , riponiamo le canne da traina nella rispettive borse disponendole nel covone del gommone , per dare maggiore agilità di movimento alla pesca dei tollerati inseparabili compagni. Ci dirigiamo verso un fondale di 20 mt, i saraghi non tardano ad adescare le nostre esche, non sono grossi ma il divertimento è assicurato; ogni tanto un’ ombrina di bella taglia sale a bordo. Peo si esalta nella cattura di un bel Parago, lo libera dall’amo con tatto, osserva e lo rigira nelle mani più volte, ammirando la sua bellezza: il Parago ha un corpo ovale e compresso, ai lati presenta un muso appuntito ed una bocca di media grandezza fornita di piccoli denti conici ed appuntiti, la livrea è rosa con riflessi argentei sul corpo, rosso intenso le pinne ad eccezione delle ventrali incolori. Ora è il momento di un passaggio di un branco di Mormore (un pesce elegante e signorile), visto le abboccate in rapida successione alle nostre canne : sono tutti della stessa taglia, intorno ai 20 cm . La mattinata volge al termine, il sole è perpendicolare nel cielo e un certo languorino incomincia a farsi sentire . Ritiriamo le canne e troviamo una insenatura per approdare sulla spiaggia, diamo mani alle leccornie della cambusa . Rimpinzati a dovere, complice un fresco bianco locale, decidiamo di fare un relax, sdraiati sul bagno asciuga . Ritornati sul gommone decidiamo di andare a traina , armiamo le nostre canne con la lanetta colore giallo ocra per la cattura della nostra mitica esca futura: l’aguglia. Trainiamo per circa due ore ma delle aguglie neanche l’ombra. Proviamo a cambiare la matassina con un colore bianco, niente, proviamo infine ancora con il colore giallo, cambiando però tonalità: color giallo limone . Il beccare della punta del cimino di una canna ci fa capire che finalmente l’attesa è finita: un’ aguglia ha afferrato l’inganno. Vista l’ora tarda, decidiamo di andare subito a traina con l’unica esca catturata. Velocemente in planata col gommone raggiungiamo l’isola della Giraglia, diamo una sbirciatina alla carta nautica per vedere come è il fondale. Dario intanto prepara la lenza con il finale a tre ami: due fissi, uno è il trainante e andrà a chiudere il becco, l’altro verrà posizionato vicino alla pinna anale, uno scorrevole che lo collocherà a circa metà lunghezza dell’ aguglia appena sotto pelle. Questa operazione bisogna farla con molta maestria, più si presenta naturale l’esca, più si stuzzica l’aggressività dei predatori. Osserviamo la direzione della corrente e cerchiamo di far transitare la nostra aguglia controcorrente, cercando di farle seguire il più possibile la batimetrica del fondo, mantenendola a circa un metro sopra . Peo è al timone, Dario a poppa fila a mano l’aguglia nella scia del motorino ausiliario fino alla girella, dove aggancia col moschettone il piombo guardiano da 500 grammi. Regolarmente come di consuetudine all’inizio della traina cala un silenzio sovrano, un silenzio mistico, per non turbare quel momento magico, ricco di tensione ma anche di pura armonia con se stessi . All’improvviso un deciso flettersi della canna , ci fa esclamare in coro “Ha toccato “.
Dodo chiede : ” Che profondità segna l’eco scandaglio?” La risposta è di 37 metri costante . Un colpo più deciso fa uscire la lenza dalla bobina del grosso mulinello. Dario lascia sfilare il filo per una cinquantina di metri, poi ferra deciso. “Cosa sarà?” Maurizio in precedenza aveva dato il cambio a Peo al timone , è in piedi , aspetta notizie e ordini da Dario per secondarlo nel recupero, ha ansia di sapere cosa ha abboccato dall’altra parte del filo . Dopo dieci minuti abbiamo ragione della resistenza del pesce che è a galla a poca distanza dai tubolari del gommone. Tutti ci accorgiamo degli splendidi colori rosso oro del pesce: è un fantastico Dentice. Un colpo ben assestato di raffio e il Dentice viene a bordo a farci compagnia, scattano come al solito gli applausi e il cinque tra di noi, sono sempre momenti magici quando il predatore è nel cestone , lo osserviamo con rispetto, quasi a voler onorare un guerriero sbaragliato, incantati dalla sua livrea straordinaria. Appagati dalla splendida giornata e dall’ultima cattura decidiamo di rientrare a Centuri.
La giornata successiva, l’ultima del nostro raid in Corsica, trascorre senza catture di rilievo, poco a bolentino e niente a traina. Alle 17,00 siamo già nella rada della marina di Centuri , ormeggiato e lavato il gommone, pronto per la partenza all’indomani . Andrea propone:”Mancano ancora un paio d’ore alla cena prevista intorno alle 20,30 , abbiamo ancora con noi della pastura fondo mare, non dobbiamo riportarla a casa, usiamola!” Come dirgli di no! Subito sono uscite le canne per la pesca dagli scogli ; Andrea prepara in un secchio la pastura, troviamo in un sacchetto due scatole di tremoline ancora intatte,così le dividiamo e decidiamo di pescare verso il mare aperto. Dopo una bella pasturata, un branco di cefaletti si fa vedere e comincia ad abboccare alle nostre lenze: sono tutti dai 18 ai 25 centimetri, quelli con la macchiolina gialla. Andrea e Ettore catturano anche delle Spigole: in tutto sono 19 pesci. Dopo averli puliti sugli scogli, li portiamo nella cucina del ristorante. La serata scorre veloce tra aneddoti e ricordi di queste meravigliose giornate trascorse a pesca nel mare dell’isola della bellezza .
Corsica , Centuri di Maurizio Frontini